Aspettando Godot, quello vero
Katia Ippaso, «Il Venerdì di Repubblica», 4 febbraio 2022
In un volume il copione messo in scena a Berlino da Beckett nel 1975. Con molte sorprese.
Tanto per cominciare, Vladimir non raggiunge Estragon come siamo abituati a pensare. È già in scena, «a destra vicino all’albero, per metà nell’ombra. Estragon è immobile, e cerca di togliersi lo stivale». Fin dalla didascalia iniziale di Aspettando Godot, Beckett sposta i suoi personaggi, ne smuove i corpi, i fonemi, le traiettorie sceniche.
È un lavoro di altissima precisione compiuto nel 1975, in occasione della messa in scena che lo stesso Samuel Beckett fece di En attendant Godot (Warten auf Godot) in lingua tedesca allo Schiller Theater di Berlino, a 22 anni dalla prima parigina dell’opera che gli procurò una fama mondiale. Le revisioni al testo per la messa in scena berlinese servirono anche per l’allestimento di En attendant Godot che Walter Asmus realizzò nel 1984 per il San Quentin Drama Workshop: dopo le prove londinesi, lo spettacolo, destinato a diventare a tutti gli effetti una produzione dello stesso Beckett, aprì l’Adelaide Arts Festival in Australia.
Oggi, grazie alla Cue Press, questo copione viene pubblicato in Italia, assieme al voluminoso corpus di note, inserti e ragionamenti che vanno a comporre una guida labirintica per chi volesse entrare nella mente di un genio al lavoro: Quaderni di regia e testi riveduti e corretti. Aspettando Godot, edizione critica di James Knowlson e Dougald McMillan, a cura di Luca Scarlini (pp. 454, euro 54,99).
Su fogli a quadretti, ripristinando a tratti l’originale francese, Beckett annota le ferree dinamiche delle sue creature. All’interno di un disegno geometrico interrotto ogni tanto da furiose cancellazioni che esplodono come nuvole nere, ogni parola viene sottoposta alla verifica implacabile della scena. È soprattutto nelle didascalie che l’autore esprime la sua immaginazione plastica: silenzi ancora più prolungati, movimenti di esattezza millimetrica che includono personaggi e oggetti.
Qualche esempio? Mentre Estragon dorme, Vladimir non cammina «irrequieto avanti e indietro» come descritto nel testo originale, ma segue in direzione antioraria l’identico percorso che Estragon aveva appena compiuto in senso orario. Nel testo riveduto, Estragon non è seduto su un sasso, ma su una roccia. Migliaia di note e un unico grande scopo: «Dare forma alla confusione». Complessivamente, emerge una cartografia delle anime spoglie e del loro affannoso cercarsi e distruggersi, che l’incredibile lavoro di Luca Scarlini, curatore e traduttore, consegna agli studiosi, ai registi e ai lettori che vogliano osservare da vicino gli strumenti di lavoro dell’officina di Samuel Beckett, premio Nobel per la letteratura nel 1969. «Beckett lavorava attraverso suggestioni piuttosto che affermazioni, creando immagini che si rimandano a vicenda e risuonano nell’immaginazione» scrive nella prefazione del volume il biografo James Knowlson.
Il progetto editoriale della Cue Press non si ferma qui. Entro l’autunno verranno pubblicati altri inediti: i Drammi brevi e i Quaderni di regia relativi alle messe in scena beckettiane di Finale di partita e L’ultimo nastro di Krapp.